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lunedì 26 gennaio 2009
UN INFILTRATO TRA I TERAPEUTI DI GAY TRA PREGHIERE E MIRACOLI
A Brescia seduta terapeutica a 150 euro. Tra i presenti anche il responsabile salute della Diocesi
lunedì 26 gennaio 2009 , di Il Brescia
http://www.gaynews.it/view.php?ID=80575
L'inchiesta. L'iniziativa promossa dal Gruppo Lot alla casa delle Canossiane raccontata da un partecipante infiltrato al corso guarisci-gay tra segreti, preghiere e miracoli
di Andrea Tortelli
Sede sconosciuta anche ai partecipanti, regola del silenzio, controlli incrociati. La segretezza era degna delle migliori tattiche di James Bond. Ma il Brescia è riuscito comunque a contattare uno degli iscritti al folkloristico corso organizzato dal Gruppo Lot con l'intento dichiarato di «guarire» gli omosessuali. E a farsi raccontare dal di dentro il tragicomico percorso di un gay sulla "via della redenzione".
Matteo - lo chiameremo così per celarne il vero nome - si è iscritto al corso dopo un complicato giro di telefonate e mail. Quindi, una volta approvata la sua partecipazione («con un'offerta non obbligatoria di 150 euro») sabato alle 13, gli è stata comunicato il luogo del ritrovo. Nel parcheggio dell'Una Hotel, alle 14.30, sono meno di 20. In macchina la carovana si dirige quindi verso la casa delle Canossiane di San Rocchino. Sono le 15, e ad accogliere il gruppo c'è una folta schiera di persone: un manipolo di ragazze che suona la chitarra, il guarito-guaritore Luca Di Tolve (con moglie, cognata e parentado vario), alcuni "miracolati" (o meglio «quasi guariti») e due sacerdoti. Un frate, padre Bernardino, e don Maurizio Funazzi, direttore dell'ufficio Salute della Diocesi della Leonessa, che comunque lascia il posto dopo pochi minuti. Il clima è caloroso, baci e abbracci. «Grazie al vescovo di Brescia che ci ha sostenuti», mormora qualcuno (la diocesi sostiene di avere solo concesso gli spazi). Poi un paio di canzoncine e - sono passate da poco le 15 - Di Tolve inizia a raccontare (senza molti dettagli) del programma Living Waters, «nato nel 1980 in California e attivo in 14 nazioni», mostrando delle diapositive. Parla di Dio, spiega che «non è un programma di guarigione», ma subito aggiunge: «Io sono guarito». Si prega, qualcuno in silenzio, altri quasi gridando. Una ragazza di lascia cadere rovinosamente sulla sedia quasi fosse in trance. Quindi, alle 16.30, la pausa della «merenda»: si firma l'eloquente decalogo del Gruppo Lot (di cui riferiamo nel box) e i 150 euro «non obbligatori» diventano tre tranche da 50 euro, la prima da versare subito. A questo punto Tolve inizia a raccontare la sua esperienza personale: le «sfrenatezze» omosessuali, la folgorazione durante un pellegrinaggio a Medjugorie, dove ha conosciuto la sorella della futura moglie. Quindi sei anni di terapia riparativa, con la «guarigione» dall'ossessione per il sesso e dall'omosessualità. Che - spiega lui - nasce dalla mancanza della figura paterna e dall'identificazione con la madre. A me - aggiunge - da piccolo nessuno ha insegnato a giocare a pallone, mi sentivo escluso. Alle 18, un altro momento di preghiera. Poi il primo gruppo di lavoro con Di Tolve e padre Bernardino. A tutti viene chiesto di presentarsi e indicare il proprio «bisogno». Tolte le "comparse", sono ora in 14: hanno dai 30 ai 40 anni, spesso storie di dolore sulle spalle e vengono anche da Mantova, Milano, Varese, Bologna. A seguire la messa, il buffet finale. Quindi tutti a casa, «con la propria auto». Perché sì, una «birretta» in compagnia magari è concessa, il "miracolo" è possibile, ma per quelli del Gruppo Lot è meglio estirpare ogni tentazione alla radice. Sia mai che qualcuno scopra che per la scienza dall'omosessualità non si guarisce.
Una regola per i partecipanti:
«Rientra a casa tua da solo»
«Il nostro obiettivo principale è di proporre a tutti la possibilità ottimale di guarigione (sic)». Si apre così il documento che il gruppo ha fatto sottoscrivere a tutti gli iscritti. Ma nel testo ci sono altri passaggi degni di nota. «Lot mette l'accento su una reale importanza nelle amicizie sane», si legge ancora. I partecipanti, inoltre, con un decalogo si impegnano alla partecipazione regolare (1) e a frequentare la chiesa locale per «aiutare a integrarti nella comunità» (4). «La possibilità che tu sia attratto da un partecipante del gruppo c'è. Per questo chiediamo di non impegnarsi in nuove amicizie nel gruppo durante il corso. Non devono esserci scambi di numeri di telefono, né intrattenimenti personali dopo la sessione. Ognuno dovrebbe rientrare da solo a casa», si legge al punto 5. E ancora: «Living Waters non rimpiazza un programma psichiatrico, una psicoterapia, una cura d'anima o altra forma d'assistenza professionale» (6), «la partecipazione si basa sulla tua volontà nell'assumerti la responsabilità del tuo benessere» (7). Fino all'inquietante postilla: «Prendo coscienza che i miei comportamenti compulsivi potrebbero intensificarsi durante il periodo di questo corso». a.t.
lunedì 26 gennaio 2009 , di Il Brescia
http://www.gaynews.it/view.php?ID=80575
L'inchiesta. L'iniziativa promossa dal Gruppo Lot alla casa delle Canossiane raccontata da un partecipante infiltrato al corso guarisci-gay tra segreti, preghiere e miracoli
di Andrea Tortelli
Sede sconosciuta anche ai partecipanti, regola del silenzio, controlli incrociati. La segretezza era degna delle migliori tattiche di James Bond. Ma il Brescia è riuscito comunque a contattare uno degli iscritti al folkloristico corso organizzato dal Gruppo Lot con l'intento dichiarato di «guarire» gli omosessuali. E a farsi raccontare dal di dentro il tragicomico percorso di un gay sulla "via della redenzione".
Matteo - lo chiameremo così per celarne il vero nome - si è iscritto al corso dopo un complicato giro di telefonate e mail. Quindi, una volta approvata la sua partecipazione («con un'offerta non obbligatoria di 150 euro») sabato alle 13, gli è stata comunicato il luogo del ritrovo. Nel parcheggio dell'Una Hotel, alle 14.30, sono meno di 20. In macchina la carovana si dirige quindi verso la casa delle Canossiane di San Rocchino. Sono le 15, e ad accogliere il gruppo c'è una folta schiera di persone: un manipolo di ragazze che suona la chitarra, il guarito-guaritore Luca Di Tolve (con moglie, cognata e parentado vario), alcuni "miracolati" (o meglio «quasi guariti») e due sacerdoti. Un frate, padre Bernardino, e don Maurizio Funazzi, direttore dell'ufficio Salute della Diocesi della Leonessa, che comunque lascia il posto dopo pochi minuti. Il clima è caloroso, baci e abbracci. «Grazie al vescovo di Brescia che ci ha sostenuti», mormora qualcuno (la diocesi sostiene di avere solo concesso gli spazi). Poi un paio di canzoncine e - sono passate da poco le 15 - Di Tolve inizia a raccontare (senza molti dettagli) del programma Living Waters, «nato nel 1980 in California e attivo in 14 nazioni», mostrando delle diapositive. Parla di Dio, spiega che «non è un programma di guarigione», ma subito aggiunge: «Io sono guarito». Si prega, qualcuno in silenzio, altri quasi gridando. Una ragazza di lascia cadere rovinosamente sulla sedia quasi fosse in trance. Quindi, alle 16.30, la pausa della «merenda»: si firma l'eloquente decalogo del Gruppo Lot (di cui riferiamo nel box) e i 150 euro «non obbligatori» diventano tre tranche da 50 euro, la prima da versare subito. A questo punto Tolve inizia a raccontare la sua esperienza personale: le «sfrenatezze» omosessuali, la folgorazione durante un pellegrinaggio a Medjugorie, dove ha conosciuto la sorella della futura moglie. Quindi sei anni di terapia riparativa, con la «guarigione» dall'ossessione per il sesso e dall'omosessualità. Che - spiega lui - nasce dalla mancanza della figura paterna e dall'identificazione con la madre. A me - aggiunge - da piccolo nessuno ha insegnato a giocare a pallone, mi sentivo escluso. Alle 18, un altro momento di preghiera. Poi il primo gruppo di lavoro con Di Tolve e padre Bernardino. A tutti viene chiesto di presentarsi e indicare il proprio «bisogno». Tolte le "comparse", sono ora in 14: hanno dai 30 ai 40 anni, spesso storie di dolore sulle spalle e vengono anche da Mantova, Milano, Varese, Bologna. A seguire la messa, il buffet finale. Quindi tutti a casa, «con la propria auto». Perché sì, una «birretta» in compagnia magari è concessa, il "miracolo" è possibile, ma per quelli del Gruppo Lot è meglio estirpare ogni tentazione alla radice. Sia mai che qualcuno scopra che per la scienza dall'omosessualità non si guarisce.
Una regola per i partecipanti:
«Rientra a casa tua da solo»
«Il nostro obiettivo principale è di proporre a tutti la possibilità ottimale di guarigione (sic)». Si apre così il documento che il gruppo ha fatto sottoscrivere a tutti gli iscritti. Ma nel testo ci sono altri passaggi degni di nota. «Lot mette l'accento su una reale importanza nelle amicizie sane», si legge ancora. I partecipanti, inoltre, con un decalogo si impegnano alla partecipazione regolare (1) e a frequentare la chiesa locale per «aiutare a integrarti nella comunità» (4). «La possibilità che tu sia attratto da un partecipante del gruppo c'è. Per questo chiediamo di non impegnarsi in nuove amicizie nel gruppo durante il corso. Non devono esserci scambi di numeri di telefono, né intrattenimenti personali dopo la sessione. Ognuno dovrebbe rientrare da solo a casa», si legge al punto 5. E ancora: «Living Waters non rimpiazza un programma psichiatrico, una psicoterapia, una cura d'anima o altra forma d'assistenza professionale» (6), «la partecipazione si basa sulla tua volontà nell'assumerti la responsabilità del tuo benessere» (7). Fino all'inquietante postilla: «Prendo coscienza che i miei comportamenti compulsivi potrebbero intensificarsi durante il periodo di questo corso». a.t.
Alessandro 14:05